La Quarta
Nobile Verità afferma:
"C'è la
via che porta alla cessazione della sofferenza"
Qual'è
la Nobile Verità del Sentiero che conduce alla cessazione di DUKKHA?
E'
il Nobile Ottuplice Sentiero
e
cioè:
Retta
Comprensione (samma ditthi)
Retta
Motivazione (samma sankappa)
Retta Parola
(samma vaca)
Retta Azione
(samma kammanta)
Retta Vita
(samma ajiva)
Retto Sforzo
(samma vayama)
Retta
Consapevolezza (samma sati)
Retta
Concentrazione (samma samadhi)
Questi otto
fattori costituiscono l'essenza dell'ideale di vita buddhista. Sono un
programma attentamente considerato di purificazione del pensiero, della parola
e delle azioni che ha come risultato finale la totale cessazione dell'avidità e
il conseguente sorgere dell'Illuminazione, la Perfetta Saggezza.
Gli otto
fattori non sono tappe da percorrere in sequenza, una dopo l'altra, bensì
rappresentano una sinergia di elementi paragonabili ai fili attorcigliati che
formano un'unica fune.
E' tuttavia
inevitabile presentarli in sequenza, sebbene praticare l'Ottuplice Sentiero non
deve essere confuso con il semplice apprendimento teorico del medesimo.
Retta
Comprensione (samma ditthi)
La Retta
Comprensione ci accompagna per tutto il cammino dell'Ottuplice Sentiero. Le
convinzioni condizionano le azioni, ma anche il modo di percepire. Comprendere
rettamente è molto di più di un semplice sapere.
Comprendere
significa che dobbiamo lasciar andare il nostro istintivo attaccamento a noi
stessi, alle cose e alle persone, la passato, al presente e al futuro, al
desiderio e a tutti i nostri presunti bisogni.
Comprendere
significa capire che l'avidità è sofferenza, l'attaccamento è sofferenza, il
desiderio egoistico è sofferenza.
Il Buddha
disse: "Che cos'è la Retta Comprensione? La comprensione della sofferenza,
la comprensione dell'origine della sofferenza, la comprensione della cessazione
della sofferenza, la comprensione della via che conduce alla cessazione della
sofferenza".
Comprendere
significa dunque abbracciare le quattro Nobili Verità e fare di loro lo
strumento del nostro risveglio interiore, che ci consentirà di vedere in modo
completamente diverso tutte le cose, e cioè "semplicemente come esse
sono", senza il velo delle nostre illusorie percezioni.
Retta
Motivazione (samma sankappa)
Questo
fattore è anche tradotto con "Retto Pensiero".
Si tratta
degli aspetti intenzionali e decisionali della mente, fermo restando che quelli
cognitivi appartengono al primo fattore, cioè alla Retta Comprensione.
La
diversificazione, come detto, è puramente concettuale, perché non si dà
intenzione senza una chiara visione. Tuttavia se la comprensione non è
"retta", nessun pensiero decisionale potrà essere efficace.
L'insegnamento
buddista precisa che la motivazione è "retta" quando realizza spinte
positive consistenti nel non-attaccamento, nell'amorevolezza e alla non
violenza.
Analogamente,
bramosia, inimicizia e violenza impediranno lo sviluppo del Retto Pensiero.
Chi abbia
compreso la giustizia distributiva del KARMA, ovvero l'armoniosa Legge di
causa-effetto, perseguirà scopi in accordo con tale Legge, e le sue motivazioni
diverranno "rette" proprio perché scaturiranno da una mente
rinnovata, che spontaneamente tenderà sempre più a sviluppare atteggiamenti
benevoli verso tutto e tutti.
Attraverso
le pratiche meditative, viene facilitata l'acquisizione del giusto
atteggiamento mentale che, indipendentemente dalla nostra volontà cosciente,
potrà ribaltare la nostra istintiva avidità, trasformandola in tranquilla
rinuncia, in non-desiderio, in non-azione. Al tempo stesso, anche la nostra
istintiva avversione, o fuga dalla realtà, troverà un opportuno
"antidoto" nell'atteggiamento di benevolenza universale, che sostituirà
alla paura un "andare verso" le cose senza alcun timore.
Retta Parola
(samma vaca)
Retta Azione
(samma kammanta)
Retta Vita
(samma ajiva)
Unifichiamo
in una sola trattazione i tre fattori suddetti perché essi nel loro insieme
formano la prima ripartizione dell'Ottuplice Sentiero, ovvero la disciplina
morale (Silakkhandha).
Nel Buddismo
non esistono norme vere e proprie, fini a sé stesse o che impongono obbedienza.
E allora perché si parla di disciplina morale? Le intenzioni non sono etiche,
ma puramente spirituali, sebbene indirettamente producano ANCHE un notevole
risultato etico.
Il Dharma si
occupa molto di benessere sociale e di compassione per tutti gli esseri
viventi, tuttavia nell'ottuplice Sentiero le intenzioni sono interamente
dedicate alla liberazione individuale ed interiore da DUKKHA.
Il termine
pali SILA, tradotto con "etica", implica una sovrapposizione di
significati: una condotta conforme ai principi morali, i principi stessi, le
virtù che scaturiscono dalla "retta vita".
A differenza
delle religioni monoteistiche, che concettualizzando un dio paternalistico sono
costrette a sviluppare etiche di obbedienza, magari all'insegna del timore, il
Buddismo punta piuttosto ad una idea di ARMONIA fra tutti gli esseri viventi e
tutte le cose.
Quindi
nessuna indicazione andrà vissuta come rigidamente normativa, perché si tratta
di fattori che ci aiutano a liberarci da DUKKHA. Ecco perché non ci interessa
la semplice osservanza formale o l'applicazione troppo letterale: piuttosto
dobbiamo scavare con la mente dentro questi principi per assaporarne il
piacevole e benefico apporto.
Detto
questo, passiamo a commentare i tre passi che caratterizzano Silakkhandha.
Retta Parola: sia la forma verbale che scritta della comunicazione possono
avere enormi conseguenze. La parola può spezzare vite, creare nemici, ma anche
infondere saggezza e fondare la pace
Il Budda
espone quattro tipi di retta parola: astensione da parola falsa, da parola che
calunnia, da parola aspra e da parola oziosa.
Con Retta
Azione si intende, in generale, un uso appropriato di noi stessi e del nostro
corpo. Ovviamente l'aspetto principale della retta azione riguarda il non
nuocere agli altri, ma anche non prendere ciò che non è dato. Si noti che non
ci si limita all'astensione dal furto, ma anche da un possesso troppo bramoso.
Nella retta azione va considerato anche un sano atteggiamento nei confronti
della sessualità, rispettoso delle esigenze, dei ruoli e degli impegni di
ciascuno.
Con Retta
Vita si intende infine il guadagnare appropriatamente i mezzi di sussistenza.
Questo fattore è anche detto "Retti Mezzi". Tra i mezzi di
sussistenza nocivi a sé e agli altri, il Budda ne elenca almeno cinque:
commercio di armi, di esseri umani (ovviamente all'epoca del Budda esisteva lo
schiavismo), di carne, di veleni e di sostanze comunque nocive alla salute.
In generale,
qualsiasi mezzo di sussistenza che dovesse implicare danno o sofferenza negli
altri va evitato. Questo è il corretto atteggiamento buddista, indipendentemente
dalla mera osservanza formale di regole.
Retto Sforzo
(samma vayama)
La
purificazione della condotta attraverso i 3 precedenti fattori prepara alla
seconda partizione del sentiero: quella della Concentrazione (Samadhikkhanda).
Attraverso
l'atteggiamento mentale etico di Silakkhandha (Parola - Azione - Mezzi di vita)
giungiamo cosi all'educazione mentale vera e propria, costituita da: Retto
Sforzo, Retta Consapevolezza, e Retta Concentrazione.
Lo scopo
ultimo dell'ottuplice Sentiero è quello di produrre lo stato di visione
profonda (saggezza) che sarà lo strumento principale della liberazione da
DUKKHA.
Questo non
vuol dire che coloro che praticano l'ottuplice sentiero non possano provare
stati di dolore sia fisico che morale, ma certamente l'atteggiamento con cui
potranno affrontare tutte le cose sarà sempre immune da illusioni, angosce,
timori, preoccupazioni, a patto che si realizzi correttamente la giusta visione
di saggezza.
Tornando a
Samadhikkhanda (ovvero Sforzo - Consapevolezza - Concentrazione) un esempio
molto semplice illustra l'interazione di questi 3 fattori, e di come essi
concorrano insieme nel realizzare la Concentrazione.
Tre bambini
giocano in giardino, e decidono di cogliere i fiori di un albero, che però è
troppo alto. Allora, il primo bambino piega la schiena per far salire il
secondo, che però in una simile posizione precaria barcolla, quindi il terzo
bambino gli offre come appoggio la propria spalla. Finalmente, grazie allo
sforzo del primo bambino e all'appoggio del terzo, il secondo bambino riesce a
raggiungere i fiori.
Il bambino
che, sollevato, arriva ai fiori rappresenta la Concentrazione, la cui funzione
è quella di unificare la mente. Per farlo, ha bisogno delle energie del retto
sforzo (simboleggiato dal bambino che lo regge sulla schiena) ma anche della
stabile consapevolezza fornita dall'attenzione, simboleggiata dal terzo
bambino.
Il termine
"sforzo" non deve indurre a pensare che debba trattarsi di una fatica
mentale, in realtà si tratta di lasciar fluire la nostra energia che richiede
indubbiamente costanza e applicazione, tuttavia senza eccedere. Si può pensare
ad uno "sforzo senza sforzo". O anche, con le dovute distinzioni,
alla "forza della non-azione".
Resta il
fatto che ognuno è direttamente responsabile della propria liberazione. Che il
Buddismo produca personalità passive come vorrebbero alcuni pregiudizi è
totalmente inesatto, al contrario il cammino buddista non aspetta miracoli dal
Cielo, ma punta sull'educazione della mente, chiave di volta dell'intero Sentiero.
L'inizio del
cammino dell'ottuplice Sentiero è infatti una mente inquinata, contaminata e
confusa; la realizzazione è la mente liberata, purificata e illuminata dalla
saggezza.
Questo
stato, oltre ad una corretta visione, crea una condizione particolarmente
favorevole a modificare il proprio karma, ottenendo facilmente dei benefici di
ogni tipo che ogni persona anche semplicemente incamminata su questo Sentiero
sperimenta innumerevoli volte, attraverso la realizzazione di obiettivi, la
significatività delle sincronicità temporali, l'elevazione del proprio stato
vitale.
Le tecniche
di meditazione e la recitazione dei mantra sono la "palestra mentale"
che facilita il raggiungimento di questi risultati e costituisce un ottimo
metodo per realizzare correttamente il Retto Sforzo.
Retta
Consapevolezza (samma sati)
Il Buddha
afferma che il DHAMMA (Darma in sanscrito), la vera natura delle cose, è
direttamente conoscibile, senza tempo, e chiede di essere toccato e visto,
sebbene tale esperienza sia inesprimibile.
La verità
ultima è dunque dentro di noi, ma affinché divenga liberante, deve essere
vissuta. Non serve accettarla per fede, in virtù dell'autorità dei testi o del
maestro, né comprenderla intellettualmente.
La si deve
conoscere personalmente attraverso la visione profonda, la si deve
interiorizzare e fare propria, perché è un conoscere ma allo stesso tempo un
immediato vedere.
La parola in
lingua pali SATI viene tradotta con "consapevolezza", tuttavia un
significato più completo è "facoltà mentale che consente una visione
profonda e panoramica, centrata sul presente, emotivamente neutra e
distaccata".
La retta
Consapevolezza non è dunque il semplice "stato cosciente" bensì è una
coscienza portata ad un'intensità particolare in cui la mente è mantenuta in
uno stato di nuda attenzione, ovvero osservazione distaccata di quanto sta
accadendo dentro di noi e attorno a noi "qui ed ora".
Consapevolezza
"senza scelta e senza giudizi", che osserva senza selezionare e senza
afferrare, e che non cede nella rete dei pensieri discriminanti.
nella
pratica della retta Consapevolezza, la mente viene educata a rimnanere nel
momento presente, aperta, calma e sollecita, tutta intesa all'esperienza
dell'evento attuale.
Giudizi e
interpretazioni sono sospesi o, se si presentano, vengono registrati e subito
abbandonati.
L'obiettivo
è la pura osservazione di tutto ciò che si produce nel momento in cui si
produce, cavalcando l'incalzare degli eventi come un abile surfista cavalca le
onde dell'oceano.
Ecco perché
molti maestri, specialmente nello Zen, istruiscono i loro discepoli con
affermazioni apparentemente enigmatiche del tipo: "quando mangi, mangia;
quando cammini, cammina..."
La mente
consapevole non oscilla tra passato e futuro ma resta ancorata nel presente.
Tale forza mentale può essere efficacemente utilizzata sia in modo indirizzato
sull'oggetto (obiettivo) che per produrre la visione profonda di saggezza.
La retta
Consapevolezza viene anche coltivata mediante una pratica insegnata dal BUDDHA
stesso, chiamata "le quattro basi della presenza mentale", che
consiste nella contemplazione consapevole delle quattro sfere della percezione:
il corpo, le sensazioni, gli stati mentali e i fenomeni.
Retta
Concentrazione (samma samadhi)
Lo stato di
SAMADHI (tradotto con Concentrazione) è il risultato di una costante PRATICA
MEDITATIVA.
Esso è
caratterizzato da un atteggiamento mentale "unificante", ovvero che
indirizza le energie mentali in una chiara direzione, senza dispersioni o
confusione.
Il SAMADHI
non è realizzabile in presenza di contenuti distruttivi, come ad esempio
l'aggressività.
La mente
concentrata ha due caratteristiche specifiche: l'incrollabile attenzione verso
un oggetto e la conseguente calma delle funzioni mentali. Qualità che la
differenziano nettamente dalla mente non concentrata, la quale produce fatica
mentale nel caso dell'attenzione, che sarà poi inevitabilmente discontinua e
inefficace.
SAGGEZZA o
ILLUMINAZIONE
Benché la
Retta Concentrazione occupi l'ultimo posto fra i fattori del Nobile Ottuplice
Sentiero, non rappresenta il culmine del cammino. La Concentrazione rende la
mente salda e ferma, ne unifica i componenti, spalanca paesaggi di beatitudine,
forza e serenità. Ma, da sola, non basta a raggiungere il fine più alto: la
liberazione dalle catene di DUKKHA per mezzo della saggezza, ovvero della mente
finalmente illuminata.
Per mettere
fine a DUKKHA occorre fare dell'Ottuplice Sentiero uno strumento di elevazione
spirituale e utilizzarlo per sviluppare la visione profonda capace di svelare
la verità ultima delle cose che, come detto precedentemente, può realizzarsi
solo attraverso l'esperienza personale, secondo modalità particolari che sono
specifiche di ognuno.
(Fonte: www.fiorediloto.org)